Premessa
In uno dei miei ultimi post ho fatto un’asserzione che forse ha necessità di qualche chiarimento in più.
Affermavo questo, con lieta noncuranza:
Mia personale convinzione è che impostare la propria vita per fare quello che ci piace sia molto limitativo ed alla fine colmi solo parzialmente il cesto dei desideri, forse per il fatto che vi vedo una un egocentrismo al cui valore non credo.
Il presupposto di base è che non siamo soli, la nostra vita si svolge costantemente in mezzo ad altre persone e con loro interagisce.
Vittoria
Fare sempre quello che ci piace è considerato una vittoria.
Nessuno nega il piacere della vittoria, io dopo decenni ricordo ancora quell’unica partita di pallone vinta con due miei gol. Però la gioia vera della domenica era il dopo partita con gli amici e le ragazze in pizzeria.
Cerco di non essere troppo “tra le nuvole” e ti chiedo invece di pensare ai momenti veramente belli della tua vita: sono davvero quelli in cui hai fatto ciò che ti piace o quelli in cui hai condiviso un’emozione?
Vincere senza nessuno che partecipi alla nostra gioia è davvero così bello?
Era la voglia di vincere a scandire negli anni il braccio di ferro che facevo con mio figlio o la complicità di una gara tra scherzo e sforzo che trovava in se stessa il suo essere memorabile?

Compromesso
La parola compromesso viene vista con accezione negativa da tutti quegli uomini o donne alfa che perseguono sempre la loro vittoria.
Ma il compromesso è un atto nobile, addirittura d’amore in alcuni casi, in cui ognuna delle parti rinuncia a qualcosa per il bene comune.
È una promessa d’incontro.
È l’egocentrismo, voglio fare quello che mi piace, che scopre un livello superiore di soddisfazione: siamo felici entrambi.
È quello che io definisco Tucentrismo: la ricerca razionale di tutti gli ostacoli che rallentano o bloccano il rapporto positivo con gli altri, che in bella sintesi Thomas Harris definisce:
Io sono OK tu sei OK
Questo sforzo conscio crea il presupposto per l’eliminazione dei pregiudizi, ed apre la porta ad un’aria nuova, quella in cui sentirsi felici non si basa sulla sconfitta altrui.
Quello che ci piace
In questa visione quello che ci piace non è un’emozione momentanea, ma la gioia interiore in cui andare al cinema, fare trekking o l’amore sono gli strumenti e non il fine del piacere.
Non vorrei apparire un idealista, la mia vita è molto concreta ed i “castelli in aria” sono utili solo quando e se trovano concretezza nella realtà.
Ho i piedi in terra, vivo e lavoro sapendo che l’amore si manifesta solo quando alle parole seguono i suoi gesti e che una consulenza soddisfacente è quella che genera una fattura.
Però una giornata veramente felice è sempre stata quella in cui qualcuno lo è stato con me.
(Quelle con di me appartengono alla piccola schiera delle giornate meravigliose)
Parliamo di lavoro
Nel lavoro il “fare quello che ci piace” ha un grande vantaggio: ce lo fa effettuare bene, per cui appena puoi applicati di più nelle cose che ti piacciono, sarai felice tu ed anche i tuoi pazienti, i tuoi clienti.
Poi fai bingo se puta caso ti viene in mente di comunicare Tucentrico con loro, capire cosa desiderano davvero e porre cura anche a questo aspetto.
Tecnicamente si chiama “saper comunicare”, ma nella realtà diventa più saper ascoltare.
Con la solita distinzione: si sente con le orecchie, si ascolta con il cuore.
Le orecchie riportano alla ragione, il cuore ai sentimenti.
Che come abbiamo visto non vanno sottovalutati, perché una bella corona o un solido impianto sono solo strumenti, come ci ha insegnato Kotler con il suo famoso:
La gente non vuole comprare un trapano, vuole un buco sul muro.
(A cui ho osato aggiungere un’originale implementazione)

Concludendo
Chiedi agli altri cosa piace loro, valuta se puoi dare una mano a raggiungere il loro desiderio, te ne saranno grati.
Il che vuol dire grande soddisfazione personale ed anche soddisfacenti accettazioni dei preventivi.
Nel caso ti serva collaborazione per aumentare il numero di questi ultimi sentiamoci,
Gaetano