Il libro, il film
Te la ricordi la saga del Signore degli anelli?
Di come la “compagnia dell’anello” si forma, cresce, diventa sempre più coesa per permettere a Frodo di distruggere l’anello che li domina tutti?
È un bel esempio di team, di persone con caratteristiche molto diverse, ma un solo condiviso obiettivo.
Nel libro, ma ancor più nel film è cruciale la presenza e l’agire di Sam Gamgee, il grande amico di Frodo, sempre al suo fianco fine all’ultimo. Indispensabile.
Perché Frodo ha bisogno di Sam e di tutta la compagnia per concludere la sua missione e l’evidenza di questo fatto si esplicita e visualizza vieppiù quando l’impresa diventa dura.

Il team odontoiatrico
Per chi si occupa di management il parallelo tra le dinamiche del team di Tolkien e quello aziendale è molto evidente: ogni ruolo è funzionale alla crescita sinergica del gruppo.
Tale similitudine è applicabile anche nel ristretto ambito dello studio odontoiatrico.
In cui il tempo e la complessità hanno sempre più separato e specializzato i ruoli dei suoi componenti.
L’imprenditore
Quello che un tempo non era un ruolo, lo studio veniva aperto come naturale conseguenza di una laurea conseguita, oggi lo è diventato: è una scelta.
È evidente che quando per gestire lo studio bastava 1 assistente/segretaria e i conti erano di facile gestione era l’aspetto clinico il fulcro dell’attività, mentre quello extra clinico era inerente al solo aspetto amministrativo.
Le cose sono differenti oggi, possiamo discutere sul come e perché, ma un dato resta immutato: gestire uno studio è assai più complesso e richiede investimenti ed attenzione imprenditoriale per potere ambire a successo e futuro.
Addirittura oggi come titolari di piccole o grandi strutture vi sono anche imprenditori non clinici.
Nelle mie consulenze io insisto molto sulla separazione dei ruoli tra clinico e titolare, anche e soprattutto quando sono la stessa persona.
Il clinico, dopo ne parliamo, è un odontoiatra a cui assegnare una retribuzione relativa al contributo economico sviluppato, vi sono imprenditori che si attribuiscono uno “stipendio” fisso, altri che si assegnano una percentuale come fossero collaboratori esterni.
È indifferente, l’unica vera avvertenza è che il resto dell’utile è dell’imprenditore: che può e deve gestirlo nell’interesse dello studio.
Questa suddivisione, che ricalca la gestione degli utili nelle aziende, è alla base di una conduzione “aziendale” e funzionale dell’attività.
Per me consulente è anche un indice di coscienza manageriale.

Clinico
Senza buoni clinici uno studio soffre e/o chiude. Come farebbe un’azienda che produce cattivi prodotti.
Anche in questo caso esistono delle scelte alternative:
- Il clinico è il brand dello studio,
- È lo studio la garanzia sulla qualità del clinico.
(Come insegna un’ esperta di immagine coordinata come Daniela Dana Bonomi questo è il primo parametro per la definizione del logo: ha il nome del medico o di fantasia?)
L’impostazione del clinico come brand parta dalla riconosciuta competenza del suo titolare: vengo qui perché lo reputo un luminare.
Poi può in questo concludersi, con l’80% del fatturato sviluppato da questa unica persona e l’igiene o l’ortodonzia come introiti accessori, oppure evolversi utilizzando il brand del professionista come nume tutelare della prima visita.
Colui che ti accoglie, ti capisce, ti indica la strada da perseguire.
Colui che poi delega ad altri l’attività tecnica, continuando ad essere comunque il garante dell’operazione e della sua qualità.
Diverso è il caso, vedi anche i network, di quello studio che si propone con un’immagine diversa e potente rispetto alle aspettative dei pazienti.
L’arredamento è parte di un’immagine coordinata, le attrezzature sono di elevata digitalizzazione, l’organizzazione è precisa, il team extra clinico è preparato e competente anche nella comunicazione.
È ovvio che una forma così bella e curata non si affida ad un cattivo clinico, perché è un contenuto che la può rovinare.
Chi non ha curato la qualità del team clinico ha già chiuso o si è presentato palesemente come low cost.
Il clinico deve essere comunque bravo, possibilmente molto.
Poi se per caso sa anche comunicare piacevolmente e correttamente con il cliente, questa è capacità assai apprezzata.
(Il bello è che non è poi così difficile farlo, il mio corso di comunicazione all’interno dello studio dura 6 ore. Offrendo da subito un cambio di passo in ambito comunicazione).

DOM
Il DOM è come Sam Gamgee, sempre al fianco dell’imprenditore per giungere alla meta.
È l’uomo, quasi sempre la donna, del fare: il manager indispensabile per poter fare solo il clinico.
Oggi dedico gran parte dei miei corsi e delle consulenze a dare forma e metodo ai DOM, che spesso sono dilettanti allo sbaraglio con enormi possibilità di incremento.
La maggiore soddisfazione è quando una segretaria che inizia il percorso verso il DOM mi dice, sai pensavo di essere brava, ma adesso sono un’altra persona, finalmente posso definirmi manager non come titolo onorifico, ma nei fatti.
ASO, assistente alla poltrona
Con le ASO parlo ed intervengo quando si fa comunicazione all’interno dello studio o consulenza diretta, non mi occupo della parte tecnico/ operativa.
Tranne che per condividere la necessità di alcune procedure funzionali all’efficienza dello studio.
Un fattore è però indiscutibile: l’ASO deve fare solo l’assistente alla poltrona, il ruolo misto ASO/segretaria non è più funzionale, ne redditizio per lo studio.
Il consulente di management
Mi piacerebbe affermare che sono Gandalf, che opera all’interno della compagnia ed allo stesso tempo ne è fuori.
Il problema è che non sono uno stregone, ne un mago.
A triplicare i clienti nuovi ed aumentare del 100% il fatturato in tre mesi non sono capace. Neppure di fare arrivare 122 clienti nuovi al mese (e meno male!).
Quest’ ultima promessa, che gira in varie forme nel web, mi ricorda il tempo in cui i dentisti si erano innamorati di Groupon che procurava decine e decine di igieni orali.
Normalmente con questi risultati:
- La prestazione fornita a prezzo Groupon era in perdita
- Finita l’igiene quasi nessuno restava come paziente di conservativa etc
- Lo studio sprecava un sacco di risorse per nulla
Il consulente di management o di marketing è un compagno di viaggio provvisorio, il suo compito principale è indicare la via, quello secondario risolvere i problemi in atto e fornire procedure per evitare quelli futuri.
Quasi mai durata più di 6 mesi una mia consulenza, esclusi gli eventuali successivi incontri trimestrali di controllo e confronto.
Questo per un motivo semplicissimo, gestire un business che negli studi mono professionali mediamente è sui 300/500.000€ non è così difficile una volta che si impara come fare.
Lo scarto vero è nelle “cliniche” o strutture complesse che superano il milione di euro, li necessita intervenire più profondamente sul team e sull’organizzazione manageriale.
Consigli finale per la scelta di un consulente:
a) Esamina il suo curriculum cosa ha fatto e che risultati ha raggiunto
b) Fidati del tuo istinto, se non ti convince a pelle probabilmente hai ragione a non fidarti
Buona giornata e lettura
Gaetano