Caro lettore oggi inizio svelandoti da subito il finale. Questo post di inizio anno si conclude con…
un convinto elogio della bontà,
perché essere buoni è redditizio: anche nel proprio lavoro. Lo affermo non da ingenuo sognatore, ma da manager ed ora ne spiego il perché.
La base di partenza è la usuale domanda che si pone un professionista, che vuole migliorare la propria efficacia : cosa cerca da me il cliente?
Il marketing, la scienza che studia il “mercato dei clienti” ha dato nel tempo varie risposte.
Ponendo sempre di più l’accento sulla persona, per capire come modulare la propria offerta sulle esigenze concrete del singolo individuo, aiutata in questo dagli strumenti che si basano sull’utilizzo del web. Quello che una volta era “azione” uguale per tutti, sta diventando sempre più un attenzione dedicata ai singoli TU. Alcuni autori parlano di “One to One marketing”, io lo definisco Marketing TUcentrico.
All’inizio il marketing poneva l’accento sui bisogni del cliente. La domanda iniziale che si consigliava porsi, per i dentisti, era:
cosa manca al mio paziente/ cliente che io potrei dargli?
Esempio di risposte
Caro paziente se ti manca un dente io ti inserisco un buon sostituto: un impianto.
Caro paziente se vuoi aumentare l’estetica non uso l’amalgama, ma realizzo una ricostruzione in composito.
Nel primo caso il bisogno è fisico, nel secondo anche psicologico, a tutte e due viene proposta una soluzione funzionale.
In questa prospettiva è cresciuto un marketing di analisi/ studi/ statistiche utile a capire i bisogni del clienti.
Informazione non semplice da ottenere nei fatti, perché il problema dei bisogni è che, grazie alla tecnologia, crescono in modo esponenziale e lo studio dei bisogni di oggi è già passato domani.
In ambito psicologico, applicato al marketing, Per decenni uno dei capisaldi sulla analisi dei bisogni è stato la piramide di Maslow, una rappresentazione grafica e concettuale della crescita, nel tempo e nella ricerca, dei nostri bisogni.
Un immagine questa che ormai molti conoscono, perché fin troppo semplificata.
Qui ne propongo una versione spiritosa, con alla base una scritta ironica. Che fa prima sorridere e poi pensare.
Ma la necessità del wi-fi è davvero un bisogno?
Solo 20 anni fa non lo era, ma oggi il lavorare senza utilizzare internet –che in teoria è possibilissimo, lo abbiamo fatto per decenni- è un problema oggettivo.
Il marketing, di questo ampliamento costante dei bisogni, se ne è accorto. Iniziando a sostituire il termine “bisogno” con quello di “desiderio”: non dobbiamo capire di cosa ha bisogno il cliente ma pensare a quello che sarebbe lieto di ricevere.
Per alcuni il content marketing è novità dell’era internet, ma in realtà è un arzillo centenario, che ha solo cambiato nome.
Su Wikipedia trovi la definizione tecnica, io ti sintetizzo il concetto: Content Marketing è regalarti qualcosa di nuovo per farmi apprezzare da te.
Su questo argomento, scherzandoci sopra, al mio Marketing TUcentrico ho abbinato il CuntentMarketing: il marketing che ti fa contento.
È già un buon obiettivo quello di fare contento il cliente. Redditizio tra l’altro, come dimostra questo esempio.
L’esempio storico:
Agli inizi del 1900 la Michelin era un produttore di gomme che cercava di essere particolarmente presente nel mercato degli autotrasportatori: quelli che le gomme le consumavano molto. Con un colpo di genio ha realizzato una delle più celebri azione di Content Marketing, dicendo pressapoco.
Caro mio autotrasportatore, so che tu sei costretto a mangiare quasi sempre fuori casa. Sai cosa faccio allora?
Realizzo per te una guida dei ristoranti in cui si mangia bene e te la regalo.
Direttamente non ci guadagno nulla, ma tu ti ricorderai il mio nome quando dovrai cambiare i pneumatici del tuo camion.
Dopo pochi anni la guida era già diventata un’area di business.
Oggi sempre più manager, creativi, cercano di capire il “mercato” rivalutando la semplicità di un concetto antico: alla base vi è sempre la persona.
E la persona nei suoi sogni vuole tutto, anche se non sa come ottenerlo. Alcuni vogliono essere contenti altri addirittura felici. Che sono due stati d’animo profondamente diversi, sin dalla loro desinenza.
Contento: è un contenitore di felicità. Bene per la felicità, meno per il contenitore, che ne stabilisce e quindi limita la quantità.
Felice: è il nostro desiderio primordiale, felino di avere tutto. Quando sei felice non ti poni limiti.
Allora prendiamo queste parole e usiamole come spinta per dare un base ai nostri desideri: lasciamo la contentezza e voliamo verso la felicità.
Perché autolimitarsi?
Ci pensa il mondo a fornirci robusti limiti e barriere in cui rimanere, ma la grandezza è nell’iniziare a porre come il “si può fare” come ipotesi di partenza, provare a superare gli ostacoli agendo in modo diverso.
Non solo con la motivazione, ma con metodo applicato.
Non con un nostro simil haka neozelandese e basta -si ce la possofare!- non è per quello che vincono tutto i neozelandesi del rugby, bensì con un progetto. Il miracolo del rugby neozelandese è molto concreto. Perché sopra l’orgoglio nazionale –l’haka- hanno costruito una scuola per testa e muscoli, a cui partecipa sin dall’infanzia un intera popolazione. Ovvio che sono più forti: sono preparati, sono intimamente convinti e hanno l’orgoglio di chi ha raggiunto la felicità.
Scrivere che conviene essere buoni dopo avere visto la grinta di questo video può sembrare incongruo, ma così non è.
Il rugby è uno sport duro in cui si lotta per vincere, con forza: che non è cattiveria.
Quando ai miei clienti odontoiatrici io parlo del dovere di essere migliori rispetto ai loro colleghi odontoiatri, almeno nell’arco di 20km, non dico: fai scorrettezza e neppure abbassa i prezzi.
Dico che questa è la realtà: i potenziali pazienti/clienti hanno a disposizione il doppio degli studi dentistici di 15 anni fa, hanno un mondo web che da informazioni in abbondanza, anche sbagliate.
La sostanza è che per ogni studio odontoiatrico esiste un “mercato” clienti, che va prima mantenuto e poi ampliato.
Questo non vuol dire essere cattivi, vuol dire che c’è una competizione in atto e che è meglio vincere.
Con scienza e coscienza, ma anche con grinta e obiettivi precisi.
A volte dotti colleghi mi accusano di parlare troppo di cose che non si toccano e vedono, invece che delle sole tecniche operative. È vero.
Io però non sono uno studioso del marketing, sono un manager che il marketing lo ha tanto studiato, ma ancor di più applicato concretamente, in azienda non solo nelle aule.
E sono giunto alla definizione di Marketing TUcentrico dopo avere provato cento volte sul campo non l’efficacia del nome, ma quella delle sue tecniche.
Sono diventato un buon manager dopo avere capito che prima di agire è necessario pensare.
Abbandonando l’ego e accettando il confronto: è più produttivo avere collaboratori che condividono gli obiettivi, piuttosto che esecutori di ordini.
Sopratutto convincendomi che anche nel marketing essere buoni conviene, perché l’altro, se lo vuoi fregare se ne accorge, forse non subito, ma prima o poi ti ringrazia e se ne va altrove.
Vogliamoci bene ogni giorno, non solo a Natale.
Poi se questa cosa strana funziona e ci fa più che contenti, addirittura felici…. Allora cominciamo a volere bene anche ai nostri clienti.
Ottimo anno a te
Gaetano